Perchè i Talenti giovanili nel 90% si Perdono PER SEMPRE?
Perché dai tempi di Mennea non vinciamo quasi più nulla alle Olimpiadi e Mondiali?
Perché abbiamo un numero apocalittico di infortuni tra i nazionali e cioè 21 (ventuno) solo negli ultimi mesi del 2015?
Di Claudio Tozzi
(Direttore del Corso Preparatore Atletico Vincente e autore del bestseller BIIOSystem, il libro sportivo più venduto di sempre in Italia)
Perché dai tempi di Mennea non vinciamo quasi più nulla alle Olimpiadi e Mondiali?
Perché abbiamo un numero apocalittico di infortuni tra i nazionali e cioè 21 (ventuno) solo negli ultimi mesi del 2015?
Di Claudio Tozzi
(Direttore del Corso Preparatore Atletico Vincente e autore del bestseller BIIOSystem, il libro sportivo più venduto di sempre in Italia)
Sinceramente non so veramente da cosa iniziare, vista la quantità di errori (ed orrori) che, secondo il mio parere, si attuano da almeno 40 anni nel mondo dell’atletica leggera italiana (e non sono in Italia e non solo nell’ atletica).
Lo scrivente si occupa di preparazione fisica e alimentazione da 30 anni, tuttavia mi considero soprattutto un amante di tutto lo sport, in particolar modo dell’ atletica leggera, che da sempre seguo specialmente alle Olimpiadi e ai mondiali.
Periodicamente, tengo anche lezioni di preparazione atletica e alimentazione agli istruttori sportivi di ogni disciplina, presso il Centro Olimpico dell' Esercito, presso la città militare della Cecchignola, a Roma.
Non ne posso veramente più, sono veramente stanco di vedere questa strage di atleti, alcuni con un talento eccezionale, massacrati brutalmente da programmazioni atletiche che nulla hanno a che fare con la logica e la scienza.
Lo dico subito, senza tanti giri di parole; secondo me nel 80-90% dei casi gli atleti della nazionale italiana di atletica leggera si allenano troppo e anche male. Punto.
Prima che qualcuno si offenda (nel caso fa male, visti i risultati), dico subito i dati (non le opinioni) che mi hanno fatto scrivere questo articolo, riportati da un altrettanto sconcertata “Gazzetta dello sport” (con gli ottimi servizi di Andrea Buongiovanni) che nulla a che fare con me.
Infatti il 15 agosto 2015 il quotidiano sportivo milanese ha dedicato quasi una pagina a questa assurda situazione, con un titolo inequivocabile:
“Italia, una nazionale di infortunati”
Da Greco a Donato, dalla Del Buono alla Straneo, da Chesani alla Trost: quanti big costretti a rinunciare.
Lo scrivente si occupa di preparazione fisica e alimentazione da 30 anni, tuttavia mi considero soprattutto un amante di tutto lo sport, in particolar modo dell’ atletica leggera, che da sempre seguo specialmente alle Olimpiadi e ai mondiali.
Periodicamente, tengo anche lezioni di preparazione atletica e alimentazione agli istruttori sportivi di ogni disciplina, presso il Centro Olimpico dell' Esercito, presso la città militare della Cecchignola, a Roma.
Non ne posso veramente più, sono veramente stanco di vedere questa strage di atleti, alcuni con un talento eccezionale, massacrati brutalmente da programmazioni atletiche che nulla hanno a che fare con la logica e la scienza.
Lo dico subito, senza tanti giri di parole; secondo me nel 80-90% dei casi gli atleti della nazionale italiana di atletica leggera si allenano troppo e anche male. Punto.
Prima che qualcuno si offenda (nel caso fa male, visti i risultati), dico subito i dati (non le opinioni) che mi hanno fatto scrivere questo articolo, riportati da un altrettanto sconcertata “Gazzetta dello sport” (con gli ottimi servizi di Andrea Buongiovanni) che nulla a che fare con me.
Infatti il 15 agosto 2015 il quotidiano sportivo milanese ha dedicato quasi una pagina a questa assurda situazione, con un titolo inequivocabile:
“Italia, una nazionale di infortunati”
Da Greco a Donato, dalla Del Buono alla Straneo, da Chesani alla Trost: quanti big costretti a rinunciare.
In pratica, negli ultimi mesi, abbiamo avuto 21 infortuni nella nostra nazionale, un numero assolutamente ingiustificabile che ci ha costretto a partecipare ai mondiali di Pechino con praticamente nessuno o quasi degli atleti top (ma nemmeno quelli non top!).
E non mi si dica che è normale, non può essere normale, non deve essere normale una strage simile.
Ma andiamo per ordine, partiamo dall' inizio, con argomento è un pò scabroso e anche fastidioso, perché riguarda la cosa più importante di ogni giovane atleta e cioè la capacità di raggiungere i sogni di vittoria.
Come detto, seguo lo sport, tutti gli sport, da una vita e ho potuto notare specialmente nell' atletica leggera, un fenomeno davvero assurdo e cioè la straordinaria capacità dei talenti giovanili nel perdersi in età adulta, con una frequenza troppo alta per essere considerata fisiologica.
Questa situazione mi è rivenuta in mente quando ho letto delle recenti mirabilie di un nostro giovanissimo (16 anni) velocista di origine sarda e cioè Filippo Tortu.
Infatti nel meeting di Gavardi (17 maggio 2015), nel bresciano, Tortu ha fatto 10”33, segnando il nuovo record italiano Under 18, stracciando il precedente 10”49 di Giovanni Grazioli che risaliva addirittura a 39 anni fa.
Chiarisco subito; tutto quello che scriverò adesso spero non riguardi minimamente Tortu, anzi lo scrivo anche per scaramanzia, perché non voglio certo che accadano ancora certe cose assurde.
Quindi auguro con tutto il cuore che il ragazzo dell’ atletica Riccardi di Milano (per il quale gareggia) possa fare una carriera straordinaria.
Ma quale sarebbe il problema? Il problema è che in tanti anni ho letto di risultati di decine di talenti giovanili che poi, con l’età adulta, sono letteralmente spariti.
La situazione che si crea è questa; fino ai 18 anni i ragazzi vanno a scuola e quindi normalmente si allenano 3, massimo 4 volte a settimana, permettendo loro di esprimere tutto il loro potenziale e un recupero muscolare più efficiente.
Quando fanno buone prestazioni e finiscono la scuola, avviene quello che io chiamo lo “Switch della morte” e cioè normalmente vengono affidati agli allenatori federali che, ovviamente, iniziamo ad allenarli tutti i giorni visto che oramai sono professionisti, dato che generalmente vengono reclutati in qualche arma, come la guardia di finanza, l' aeronautica, ecc.
Per la precisione passano dalle 10-15 ore di ore di allenamento settimanali ad almeno 20-30 ore, cioè una media di 4-5 ore giornaliere per sei giorni a settimana, magari le due sedute al giorno.
Non conta nulla che questo sistema abbia fatto una pulizia etnica del 90% dei nostri talenti giovanili, dal dopoguerra in poi.
Non conta nulla che con questo sistema la probabilità di infortuni, aumenta in modo cosi esponenziale che è praticamente certo, matematico, che gli atleti si faranno sicuramente male. Sempre.
Non conta nulla che l’ aumento del volume di lavoro non funziona quasi su nessun atleta.
In 60 anni ha funzionato solo su Mennea, Fiasconaro, Simeoni e pochi altri, cioè gli unici che per caratteristiche genetiche avevano una scarsa propensione ai traumi, ma non nessuno ci fa caso (o non ci vuole fare caso…).
E nemmeno abbiamo poi la controprova che magari allenandosi di meno questi stessi campioni non avrebbero vinto anche di più.
Risultato? Tra 18 e 23-24 anni quasi tutti si rompono, i risultati sono prima altalenanti e via via sempre più scadenti, gli infortuni diventano talmente frequenti che impediscono l’attività agonistica per mesi o anni.
Che importa, Mennea si allenava cosi… Quindi si fa cosi!
Nel 95% dei casi la loro carriera finisce quindi per sempre. Non ci credete? Andate a controllare e vedrete che è come vi dico.
Quando fanno buone prestazioni e finiscono la scuola, avviene quello che io chiamo lo “Switch della morte” e cioè normalmente vengono affidati agli allenatori federali che, ovviamente, iniziamo ad allenarli tutti i giorni visto che oramai sono professionisti, dato che generalmente vengono reclutati in qualche arma, come la guardia di finanza, l' aeronautica, ecc.
Per la precisione passano dalle 10-15 ore di ore di allenamento settimanali ad almeno 20-30 ore, cioè una media di 4-5 ore giornaliere per sei giorni a settimana, magari le due sedute al giorno.
Non conta nulla che questo sistema abbia fatto una pulizia etnica del 90% dei nostri talenti giovanili, dal dopoguerra in poi.
Non conta nulla che con questo sistema la probabilità di infortuni, aumenta in modo cosi esponenziale che è praticamente certo, matematico, che gli atleti si faranno sicuramente male. Sempre.
Non conta nulla che l’ aumento del volume di lavoro non funziona quasi su nessun atleta.
In 60 anni ha funzionato solo su Mennea, Fiasconaro, Simeoni e pochi altri, cioè gli unici che per caratteristiche genetiche avevano una scarsa propensione ai traumi, ma non nessuno ci fa caso (o non ci vuole fare caso…).
E nemmeno abbiamo poi la controprova che magari allenandosi di meno questi stessi campioni non avrebbero vinto anche di più.
Risultato? Tra 18 e 23-24 anni quasi tutti si rompono, i risultati sono prima altalenanti e via via sempre più scadenti, gli infortuni diventano talmente frequenti che impediscono l’attività agonistica per mesi o anni.
Che importa, Mennea si allenava cosi… Quindi si fa cosi!
Nel 95% dei casi la loro carriera finisce quindi per sempre. Non ci credete? Andate a controllare e vedrete che è come vi dico.
Vogliamo fare l’ esempio di Andrew Howe? Dopo una straordinaria carriera a livello Junior (ai mondiali vince una doppia medaglia d’ oro sui 200 metri e nel salto in lungo, con la nomina di nuovo “Carl Lewis”), a 19 anni arrivano già i primi problemi.
Infatti ci sono le Olimpiadi di Atene del 2004, ma una microfrattura da fatica (a 19 anni...) ad un piede purtroppo lo fa arrivare ultimo in batteria e arriva solo alle semifinali.
Negli anni successivi i continui infortuni (...) lo costringono a puntare solo al salto in lungo e per fortuna nel 2007 ai mondiali di Osaka riesce a vincere la medaglia d’ argento con il nuovo record italiano di 8,57 m.
Nel 2008-2009 ha due gravi infortuni ed è costretto a fermarsi.
Nel 2010 riprende l’ attività ma agli europei di Barcellona arriva solo quinto.
Nel 2011 Ha una rottura subtotale al tendine di Achille sinistro (già operato l'anno precedente in Finlandia).
Nel 2012 non viene convocato alle Olimpiadi di Londra per la scarsa forma.
Nel 2014 partecipa a “Ballando con le stelle”…
Quest' anno, nel 2015, Howe ha cambiato allenatore.... E sono sicuro che sarà la solita minestra: tutti i giorni, solita alimentazione mediterranea, ecc.
Non se esce.
Un altro esempio è il velocista siciliano Alessandro Cavallaro che nel 1999 vinse i 200 metri agli europei junior con il tempo di 20’46”.
Successivamente, cioè dopo lo “Switch della morte”, a 20 anni partecipa alle Olimpiadi di Sidney dove fa solo 20’69”.
Negli anni seguenti, dove in teoria essendo più maturo fisicamente e “meglio allenato” ci si aspettava un incremento delle performance, al contrario riuscirà a battere solo di 4 centesimi il suo primato personale sui 200 (fatto a 18 anni di età, prima dello “Switch della morte”), facendo 20’42” nel 2003.
Successivamente ebbe diversi infortuni (strano eh?) e gareggiò sempre più saltuariamente fino al ritiro nel 2007 a soli 27 anni.
Questi sono due esempi, ma ce ne sono altri decine di giovanissimi talenti bruciati in questo modo e io da sportivo, da preparatore e anche tifoso dei colori italiani, non posso più sopportare, quando vedo questi ragazzi distrutti da allenamenti e alimentazioni rimasti agli anni ‘60 o peggio.
Alessandro Cavallaro, altro talento puro distrutto dallo "switch della morte"
Grido con forza questo mio dolore, sperando che adesso con Tortu od altri non accada più: lo spero per loro e per il prestigio di tutta l’ atletica italiana.
Tanto per fare un altro esempio, a luglio 2015 si è svolto il Campionato Europeo juniores e il Mondiale Allievi di atletica leggera, in cui abbiamo vinto undici medaglie con i nostri atleti sotto i 18 anni: un buon bottino.
Su questi successi, Il giornalista Francesco Volpe ha scritto (giustamente) sul “Corriere dello Sport” del 21 luglio 2015:
“Ora la domanda è inevitabile: quanti dei talenti che hanno vinto le medaglie giovanili riusciranno a confermarsi sul palcoscenico dei grandi? (…) Lo snodo sarà alla fine delle superiori quando dalle 10-15 ore settimanali, i ragazzi dovranno passare a 20-30.”
Insomma questo aumento di ore è assolutamente, stoltamente, assurdamente obbligatorio, che porterà sicuramente ad una strage di talenti che saranno per la maggior parte annientati da questa specie di Auschwitz dell’allenamento sportivo (e della logica umana).
Il risultato finale di questa assurdità che dura da almeno mezzo secolo sono appunto la pulizia etnica di quasi tutti i nostri più grandi talenti, che i recenti 21 infortuni rappresentano solo la stretta attualità, ma che sono invece la tradizione immutabile nel mondo dell’ atletica leggera italiana.
Un tradizione talmente radicata che la dottoressa della FIDAL, Antonella Ferrario, interpellata dalla Gazzetta, ha rilasciato questa incredibile dichiarazione:
“Il numero degli infortunati non è clamoroso. Va rapportato al numero degli atleti top che purtroppo non è elevato. E’ per questo che pare che gli azzurri sino particolarmente delicati.
Anche in confronto a quanto avviene nelle altre federazioni (non è assolutamente vero, nessuna federazione ha il nostro numero di infortuni ndr), siamo su percentuali normali, non diverse da quelle del passato,prossimo e remoto.”
Insomma tutto a posto, per la dottoressa della federazione atletica, avere un infortunio in quasi tutti gli atleti azzurri “è in media”.
E forse su questo ha ragione, visto che non gli allena lei, ma gli allenatori federali, delle diverse armi militari o dai genitori (che, paradossalmente, alcuni sono anche meglio di quelli “ufficiali”).
Ma non è normale lo stesso, non può evidentemente esserlo, è assurdo.
E’ in media che la Straneo (nella foto sopra, 39 anni, fino a pochi anni non poteva allenarsi tutti i giorni perché aveva lavorava; poi ha lasciato il lavoro e…) cioè la vicecampionessa del Mondo di Maratona, non potrà fare i mondiali causa fascite plantare?
E’ in media che la Trost (23 anni), cioè una possibilità concreta di medaglia nel salto in alto, non farà i mondiali causa lesione al tendine d’Achille?
E’ in media che Del Buono (20 anni) cioè altra possibile medaglia nel mezzofondo, non farà i mondiale per un dolore cronico al piede?
Aggiungiamoci gli annosi problemi di Daniele Greco (salto triplo), i recenti già illustrati (ed ennesimi) problemi di Andrew Howe (comunque non qualificato), il crac al tendine di Silvano Chesani (salto in alto).
Più altri 15 infortunati e cioè: Tumi (100 metri),Marani (200 metri),Vistalli (400 metri),Dal Molin (110 HS),Bencosme (400 HS),Howe (Lungo),Jacobs (Lungo),Greco (Triplo),Schembri (Triplo),Vizzoni (Martello),Alloh (100 metri),Giovannetti (100 metri),Viola (5000 m),Borsi (100 HS),Pennella (100 HS).
Tutti in “media”?
Persino uno dei pochi superstiti alla strage e cioè il recente primatista italiano del salto in alto Tamberi, a maggio era fermo per infortunio (ed è stato meglio cosi almeno ha recuperato e infatti ha fatto il record…).
E nel frattempo anche il ragazzo prodigio Tortu, si è fermato per problemi ai tendini… (come volevasi dimostrare…)
La mia spiegazione a questa ecatombe, suffragata anche da recenti studi scientifici di varie università di scienze motorie mondiali, è che il nostro organismo non sia tarato per gli allenamenti ad alto volume, anche bigiornalieri, senza riposo o quasi, a cui vengono sottoposto quasi tutti gli atleti della nazionale italiana di atletica leggera.
Mennea lo faceva, ma era un atleta dai muscoli e tendini d’ acciaio che non si rompevano mai, un caso rarissimo ma che però è stato colpevolmente scambiato per normale, anzi preso ad esempio (purtroppo) da tutti.
Il risultato è che in pratica si applica ancora oggi il suo “metodo”, ma la maggioranza degli atleti non ha sua particolare (e forse unica) esistenza ai traumi, con il risultato di distruggere intere generazioni di talenti.
Il grandissimo Pietro Mennea. Purtoppo il suo talento straordinario è stato scambiato per un metodo di allenamento efficace; ma forse lo era solo per lui e basta. Un equivoco che ha creato dei danni incalcolabili a tutti gli atleti che lo hanno seguito.
Nel dettaglio, questa situazione si può spiegare con il fatto che l’ organismo umano è il risultato di milioni di anni di evoluzione, di cui almeno 2,4 milioni passati nell’ unica attività di caccia-raccolta degli animali.
Si, si, sono cosa state pensando. “E allora, cosa c’ entra l’ evoluzione umana con l’ atletica leggera”?
Semplice, il nostro corpo è tarato sui ritmi e le abitudini di quel periodo che abbiamo vissuto cosi a lungo e a quei tempi era sicuro che:
1) Non facevamo allenamenti giornalieri cosi intensi e lunghi
2) Non facevamo allenamenti due volte al giorno
3) Riposavamo ogni 2-3 settimane
4) Mangiavamo in modo molto diverso
In soldoni, l’ allenamento “moderno”, cosi apparentemente “scientifico”, in realtà non dovrebbe essere affatto moderno, ma più simile nel ripetere i ritmi ancestrali sopra elencati.
Tantomeno è scientifico, per carità di Dio, perché non rispettando la genetica umana ma solo l’ assurda logica “più mi alleno e meglio è” (cosa che i nostri antenati non si sognavano nemmeno di fare), distrugge tendini, articolazioni, surrenali e sistema nervoso centrale del 90% degli atleti.
Si, si, lo so cosa state pensando, cioè che la storiella dell’ uomo delle caverne sembra ridicola e assurda per giustificare gli errori dell’ allenamento nell’ atletica leggera, ma vi posso assicurare che è cosi.
Come faccio a saperlo? Semplice, perché applico questo tipo di approccio “arcaico” da quasi 25 anni e funziona perfettamente. E non si infortuna più nessuno. E si vince quasi sempre.
Infatti, già negli anni ’90, proposi di applicare le abitudini dell’ homo sapiens nel paleolitico all’ allenamento sportivo, in particolar modo negli sport di potenza, quali fitness, powerlifting e weightlifting (sollevamento pesi), ma che poi con il passar degli anni venne utilizzato con alcune modifiche anche a tutti gli altri sport, anche di resistenza.
I miei atleti hanno vinto diversi titoli italiani e due campionati del mondo femminile e maschile in questi sport, utilizzando questo sistema "paleo".
Nacque cosi il mio B.I.I.O. acronimo di Breve-Intenso-Infrequente-Organizzato, in quanto nei 2,4 milioni di anni del paleolitico gli sforzi intensi (caccia-raccolta) erano abbastanza rari e intervallati da pause più o meno prolungate in attesa della prossima battuta di caccia alla ricerca del cibo.
Per questo motivo il BIIO prevede sedute molto brevi (circa 45’ in media), infrequenti (2-3 sedute a settimana o 4 in casi particolari), intense (appunto per simulare la lotta con un animale o un proprio simile, in cui dai tutto e subito) e organizzate (in pratica circa 14-21 giorni di allenamento e 7-15 di riposo, cioè i ritmi medi di caccia-raccolta-riposo, caratteristici del paleolitico.
Il libro in cui esponevo questa mia teoria e cioè “BIIOSystem” uscito nel 2001, ebbe (e ha tuttora) per fortuna molto successo e che ha battuto ogni record di vendita (13 ristampe, 2 edizioni, 30.000 copie vendute, edizione anche in spagnolo), ma soprattutto è diventato il sistema tricolore più diffuso in Italia, secondo solo all’ indegno metodo americano Weider (cioè il nulla assoluto, come il corrispettivo alto volume dell' atletica) che imperversa ancora incontrastato nelle palestre di tutto il mondo, per motivi che non hanno sicuramente attinenza con la logica umana, visto che non funziona quasi su nessuno.
Ma un intuizione, sia pure supportata dai fatti incontrovertibili, rimane sempre un’ intuizione e infatti in questi 15 anni dall’ uscita del testo, tante sono state le critiche di questo parallelismo tra paleolitico e allenamento BIIO, alcune sicuramente assurde (cioè pregiudizievoli e in malafede), altre invece che giustifico perché in effetti a livelli prettamente scientifico in questo senso c’era veramente poco o nulla.
Ma nella vita ci vuole tanta pazienza (a volte anche troppa…) ma alla fine tutti i nodi vengono al pettine.
Infatti dopo 13 anni dall’ uscita del libro ecco che la scienza dello sport finalmente ci arriva, tramite un report pubblicato sulla rivista “Sport Medicine” (ISSN 0112-1642 – Volume 43 – Numero 10 – 2013) dal titolo “Do Olympic Athletes Train as in the Paleolithic Era?” e cioè:
“Gli atleti olimpici devono allenarsi come nel paleolitico?"
L’ articolo è stato scritto dal Dott. Boullosa dell’ Università scienze motorie di Brasilia (Brasile) e altri colleghi delle pari facoltà di La Coruna/Vigo/Leioa (Spagna) e di Santiago del Cile (Cile).
Inizio subito nel dire che il Dott. Boullosa conferma la teoria “sport & evoluzione” anche per gli sport di resistenza, visto che nel paleolitico l’ attività aerobica era mediamente di 10-15 km giornalieri anche se, secondo lui, adesso gli atleti d’ elite svolgono mediamente 20 km.
Il brasiliano dice anche che la cosa non potrebbe essere in contraddizione, se questo enorme volume è ben correlato alla distribuzione dell’ intensità dei carichi di lavoro.
Posso essere anche d’accordo, ma non è detto che questo “ben correlato alla distribuzione dei carichi” lo facciano tutti gli atleti d’ elite e non è nemmeno sempre vero che fanno “solo” 20 di km al giorno, ma molti ne fanno anche 30 e più.
Per esempio, Kenenisa Bekele (primatista del mondo di 5000 e 10.000, tre ori olimpici e diciotto iridati) ha recentemente dichiarato (Gazzetta dello sport dell’ 11/10/2014) :
“Per quanto abbia anche affrontato una sessione di due ore e mezza, rispetto a Parigi ho diminuito i volumi, passando da una media di 180-200 km alla settimana, a una di 160-180. I crampi patiti in Francia sono forse stati figli del troppo allenamento”.
Ora, 200 km a settimana sono una media di 28,5 Km al giorno, sette giorni su sette, cioè quasi tre volte la media nel paleolitico e quasi 10 km in più considerati “normali” per gli atleti olimpici del report. I nostri progenitori in realtà perlopiù camminavano e correvano solamente nella “corsa di persistenza”, cioè si rincorreva un animale fino a farlo morire di stanchezza.
Quindi un valore doppio di km può essere forse gestito in qualche modo da soggetti di talento, ma forse un chilometraggio quasi triplo e magari senza scarico può solo portare ad infortuni e perdita dalla prestazione.
Ecco perché tutti questi infortuni nella nazionale italiana di atletica leggera, perché non si rispettano i parametri di lavoro su cui è tarato il nostro organismo.
E comunque tutto questo volume di lavoro è assolutamente inutile, visto che ci si può allenare di meno ed aumentare la performance.
Insomma lo stesso Bekele ha ammesso di aver fatto troppi km, tanto che ha patito i crampi per (parole sue) il “troppo allenamento”.
E lui ha talento da vendere, figuriamoci gli altri…
E non mi tirate fuori ancora Mennea, per cortesia; se fosse valido il suo metodo “Stakanov” dovremmo avere medaglie d’ oro a profusione e costanti negli anni, mentre adesso siamo arrivati addirittura al punto che ai mondiali nemmeno riusciamo a parteciparci perché siamo tutti rotti!
E lo dice uno che ha sempre seguito e tifato il barlettano in tutta la sua carriera. E si è pure commosso come un ragazzino guardando la recente fiction televisiva sulla sua vita.
Ma una delle chiavi di lettura in questo senso, colpevolmente trascurata da tantissimi atleti, sia d’ elite che dilettanti, è ben scritta nel rapporto di Boullosa:
“Noi consigliamo programmi di allenamento che dovrebbero prendere in considerazione il modello di attività degli antenati, in cui probabilmente autoregolavano la loro attività fisica giornaliera, a seconda della loro fabbisogno calorico.
Si può prevedere, come i nostri predecessori decidevano di farlo naturalmente, di riposare o eseguire attività alla luce diurna dopo di giorni più pesanti, per essere meglio preparati per il prossimo giornata/e).
Questo approccio è in accordo con recenti studi che hanno descritto un risultato migliore di allenamento nei soggetti che regolavano loro carico di allenamento, a seconda lo stato del loro sistema nervoso autonomo.
Inoltre, studi precedenti sull’ allenamento hanno segnalato che i partecipanti con un basso stress sperimentano un significativo maggiore aumento delle prestazioni.
Pertanto, la conservazione della omeostasi di fronte alle diverse fonti di stress gioca un ruolo fondamentale nell’ adattamento cronico all’ allenamento.
Questo potrebbe anche spiegare perché i modelli di periodizzazione spesso falliscono.”
Insomma, qui il team di scienziati conferma in toto uno dei capisaldi di questa filosofia e cioè il periodo di scarico (e relativo riposo del sistema nervoso autonomo), che i nostri antenati eseguivano in maniera istintiva e regolare, ma che nel mondo moderno non viene effettuato in molti casi (pensando cosi di ottenere un maggior vantaggio) è un caposaldo fondamentale per un aumento della perfomance ottimale.
Ma Boullosa introduce un altro interessante concetto, quello della cosidetta “Intensità polarizzata”:
“Poiché la caccia era la migliore fonte di apporto energetico e nutrienti di qualità, la maggior parte delle attività abituali della nostra antenati erano probabilmente legati alla caccia.
Più specificamente, la caccia potrebbe essere suddivisa in varie attività quali la ricerca e inseguimento degli animali, lanci, scatti, ripetendo il gioco dopo aver preso la preda.
In generale, un tale modello potrebbe essere interpretata in termini di una distribuzione di intensità polarizzata, con la predominanza di attività a bassa intensità prolungata, intervallata da alcuni raffiche di energia esplosiva, in una sequenza prevedibile maggior parte dei casi (vedi Fig. 1).
FIGURA 1: DISTRIBUZIONE IPOTETICA DELLE ATTIVITÀ FISICHE DURANTE IL PALEOLITICO.: SULLA LINEA ORIZZONTALE, CI SONO INTENSITÀ DELLE ATTIVITÀ FISICHE (DALLA PIÙ BASSA ALLA PIÙ ALTA) E IL TEMPO DEDICATO A QUESTE SULLA LINEA VERTICALE.
Questo profilo polarizzata di fisica attività potrebbe anche essere mediata dalle citate limitazioni metaboliche associate con la disponibilità di cibo in quei tempi antichi.”
In pratica il nostro organismo è ancestralmente settato per fare attività lunghe a bassa intensità (camminata), con episodici sforzi improvvisi ad altra intensità, intervallati da periodi di recupero.
A questo proposito il Prof. Cordain (Docente di Nutrizione ed Esercizio Fisico dell' Università di Denver, in Colorado) nel 2011 ci raccontò durante una sua lezione qui a Roma, che portò dei cacciatori-raccoglitori a vedere la maratona di New York, ma vedendo i corridori si misero a ridere: “Perché corrono? Tutta questa fatica, tutti questi km, senza nemmeno la preda da cacciare?”
Il nostro corpo non sarebbe quindi adatto per gli sforzi “medi”, che invece sono utilizzati in maniera sistematica negli sport di tutto il mondo.
Insomma allenarsi con dei carichi medio o medio-bassi ad alto volume per 6 volte a settimana (con sedute doppiate nella giornata), che non mimano ne la bassa intensità, ne quella alta, tipiche del paleolitico, non sarebbe quindi l’ ideale per la massima performance, soprattutto senza un’ adeguato recupero.
Ma questo tipo di allenamento ne carne, ne pesce, è esattamente quello che si fa nell’ atletica leggera, con i risultati aberranti che abbiamo tutti davanti agli occhi.
E non mi si venga a dire che ci siamo adattati ai nuovi ritmi di vita e lavoro legati al post-paleolitico: perchè veramente l’ avessimo fatto non esisterebbero più gli infortuni.
Alcuni anni fa mi scrisse un certo Marco Segatel e mi disse che pur facendo atletica leggera, aveva iniziato ad utilizzare le mie tecniche basate sull' alta intensità, volume medio-basso, sedute brevi e riposo sistematico.
Nel passato aveva dato retta ai vari allenatori nazional-popolari della federazioni con risultati quasi nulli (ovviamente...) e quindi aveva letto il mio libro, alla ricerca di qualcosa che lo facesse finalmente migliorare.
Allora gli chiesi che nuovi risultati avesse avuto con l' adozione delle mie tecniche.
Mi rispose cosi: "Ho fatto il record del mondo di salto master over 45 anni (2,04 cm)"
Era il 2007. Sono andato a vedere l' albo d' oro della specialità: è ancora quello di Segatel...
Questo profilo polarizzata di fisica attività potrebbe anche essere mediata dalle citate limitazioni metaboliche associate con la disponibilità di cibo in quei tempi antichi.”
In pratica il nostro organismo è ancestralmente settato per fare attività lunghe a bassa intensità (camminata), con episodici sforzi improvvisi ad altra intensità, intervallati da periodi di recupero.
A questo proposito il Prof. Cordain (Docente di Nutrizione ed Esercizio Fisico dell' Università di Denver, in Colorado) nel 2011 ci raccontò durante una sua lezione qui a Roma, che portò dei cacciatori-raccoglitori a vedere la maratona di New York, ma vedendo i corridori si misero a ridere: “Perché corrono? Tutta questa fatica, tutti questi km, senza nemmeno la preda da cacciare?”
Il nostro corpo non sarebbe quindi adatto per gli sforzi “medi”, che invece sono utilizzati in maniera sistematica negli sport di tutto il mondo.
Insomma allenarsi con dei carichi medio o medio-bassi ad alto volume per 6 volte a settimana (con sedute doppiate nella giornata), che non mimano ne la bassa intensità, ne quella alta, tipiche del paleolitico, non sarebbe quindi l’ ideale per la massima performance, soprattutto senza un’ adeguato recupero.
Ma questo tipo di allenamento ne carne, ne pesce, è esattamente quello che si fa nell’ atletica leggera, con i risultati aberranti che abbiamo tutti davanti agli occhi.
E non mi si venga a dire che ci siamo adattati ai nuovi ritmi di vita e lavoro legati al post-paleolitico: perchè veramente l’ avessimo fatto non esisterebbero più gli infortuni.
Alcuni anni fa mi scrisse un certo Marco Segatel e mi disse che pur facendo atletica leggera, aveva iniziato ad utilizzare le mie tecniche basate sull' alta intensità, volume medio-basso, sedute brevi e riposo sistematico.
Nel passato aveva dato retta ai vari allenatori nazional-popolari della federazioni con risultati quasi nulli (ovviamente...) e quindi aveva letto il mio libro, alla ricerca di qualcosa che lo facesse finalmente migliorare.
Allora gli chiesi che nuovi risultati avesse avuto con l' adozione delle mie tecniche.
Mi rispose cosi: "Ho fatto il record del mondo di salto master over 45 anni (2,04 cm)"
Era il 2007. Sono andato a vedere l' albo d' oro della specialità: è ancora quello di Segatel...
Marco Segatel, detentore del record del mondo di salto in alto over 45 dal 2007
Non solo, Segatel è l' atleta master di atletica italiano più titolato di tutti i tempi, con 10 titoli mondiali complessivi.
E il bello che è praticamente l' unico che segue queste mie tecniche...
Provate per 30 giorni questo tipo di approccio, cioè il BIIO-PAV (la versione del mio sistema per tutti gli sport), quindi aumentate l' intensità, abbassate la frequenza di allenamento a 2-3 volte a settimana, non fate le doppie giornaliere, riposate 7-15 giorni ogni 2-3 settimane di lavoro duro.
Non aspettate il prossimo infortunio, non ascoltate chi vi ha fatto fare una vita inutilmente di sacrificio con continui traumi (e una vita sociale quasi nulla), magari negandovi il vostro sogno di fare le olimpiadi e i mondiali. Togliete di dosso questi vampiri rimasti ai tempi dell' Unione Sovietica.
Certo non tutti gli allenatori sono cosi, ce ne sono anche di bravissimi, ma se abbiamo tutti questi infortuni tanto da non arrivare nemmeno alle gare e le medaglie sono rarissime da decenni, allora permettetemi; l' unica cosa che mi viene in mente è che gli scarsi siano in molti.
Provate a cambiare, non ve ne pentirete mai.
Al massimo perderete ancora.
Esattamente come prima.
Claudio Tozzi
testimonianze
(tutte vere, tutte verificabili)
Se vuoi anche tu sviluppare il tuo potenziale, senza infortuni, vieni al mio corso di Roma --->
Promo + 4 bonus esclusivi Subito se ti Iscrivi entro la mezzanotte dell' ultimo giorno di questo mese --->
P.S.1 Non ci sono scuse: devi solo prendere la decisione di iniziare il percorso che ti porterà a raggiungere i tuoi obiettivi per la massima performance sportiva.
Ed il primo passo devi farlo tu, non aspettare--->
http://www.preparatoreatleticovincente.com/
Se vuoi maggiori informazioni: [email protected]
P.S.2 Vuoi essere aggiornato su tutte le novità di questo tipo di allenamento e ricevere 4 Video Gratuiti? Allora iscriviti alla nostra newsletter
Ed il primo passo devi farlo tu, non aspettare--->
http://www.preparatoreatleticovincente.com/
Se vuoi maggiori informazioni: [email protected]
P.S.2 Vuoi essere aggiornato su tutte le novità di questo tipo di allenamento e ricevere 4 Video Gratuiti? Allora iscriviti alla nostra newsletter